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Inclusion & Diversity: Ilaria Garaffoni

03 January 2022

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Durante il Convegno Donna Sicura abbiamo avuto l’onore di conoscere la Dott.ssa Ilaria Garaffoni: giornalista, direttrice responsabile di vigilanzaprivataonline, coordinatrice editoriale, mamma e molto altro... una vera paladina dell’empowerment, insomma.

Potevamo non intervistarla? Ovviamente no! Accade raramente che la Giornalista Garaffoni si trovi dall’altra parte: si solito è lei che intervista!

Secondo me hai un profilo molto interessante, la tua esperienza e il tuo esempio potrebbero aiutare molte donne e ragazze ad emanciparsi: posso chiederti, in sintesi, cosa fai nella vita e qual è stato il tuo percorso?

Dopo il liceo classico decido di intraprendere la facoltà di Legge.
Sono entrata nel mondo della stampa, in modo un po’ difficile, soprattutto all’inizio: qui ti posso parlare proprio di empowerment: ero molto giovane e ho subìto un po’ di “nonnismo”, come l'essere inviata a fare commissioni in motorino con le strade sommerse dalla neve del 24 dicembre... la tipica idea gavetta potremmo definirla. Quindi mi sono dovuta guadagnare il mio posto lavorando davvero sodo.
Tuttavia devo dire che la stampa è un settore abbastanza paritetico, almeno in termini quantitativi. Altri settori sono molto più maschili.

E questo perché succede?

Un po’ per l’appannaggio prevalentemente maschile, un po’ per il fatto che questo mercato sia governato da family business, che di conseguenza tramandano il mestiere di padre in figlio.
Ci sono anche donne manager, è vero, ma il settore non è molto manageriale in senso tradizionale: molto spesso se una donna raggiunge ruoli dirigenziali è perché ha conseguito enormi meriti o perché ha avuto l'opportunità di mettersi alla prova nascendo in una famiglia che già ha profonde radici nell'ambito della sicurezza.
Va anche considerando che aumentano le donne guardie giurate, ma qui c’è da fare un distinguo: la donna che indossa l’arma è ancora una rarità, perché la donna è ancora vista come qualcuno di fragile, non in grado di gestire situazioni di pericolo… e spesso deve anche subire apprezzamenti paternalistici, come se non fosse una collega di pari livello, ma un essere indifeso e da proteggere.

Come pensi si possa invece dimostrare che non è così?

Quando si parla di empowerment e violenza, penso sempre alla necessità di realizzare un corpo di guardie giurate donne che si occupino di donne che hanno subito violenza: se una donna vittima di abusi o molestie vede che può essere difesa da un’altra donna sarà molto propensa ad empatizzare con la sua figura, potrebbe scoprire anche lei stessa quanto può essere forte, sarebbe insomma un approccio diverso da quello adottato nella classica situazione in cui, in caso di pericolo, si tende a chiamare una figura maschile (il classico fratello, lo zio, il papà…)

Ma questo basterebbe come dimostrazione? O la consapevolezza delle proprie capacità non è sufficiente?

Purtroppo non credo sia abbastanza.
Ciò che mi sorprendere di più è che persino nei Paesi più evoluti ci sia bisogno di colmare un divario di retribuzione tra donne e uomini.
Il 25 novembre, al Convegno, è stata detta una cosa giustissima: l’empowerment femminile si raggiunge solo con consapevolezza del proprio valore, ma c’è sempre la necessità di un’indipendenza economica.
Se 3 donne su 10 non hanno un conto corrente, è frutto di una mentalità che riguarda anche le donne.
Dovrebbero essere queste le basi del cambiamento. La lotta per il titolo di “sindaca” o “arbitra” è sicuramente apprezzabile, ma limitarsi a quello, la vanifica completamente, la lotta.
Una donna deve avere la pari opportunità e guadagni equi. Mi viene in mente quanto ha detto Maria Sole Ferrieri Caputi, prima donna arbitra di serie A: “Voglio essere chiamata arbitro. Personalmente lo preferisco. Come preferisco sindaco a sindaca”. Il motivo? Semplice: “Novanta volte su cento, quando mi dicono arbitra è per sottolineare che sono una donna. Quindi preferisco arbitro”.
Queste sono battaglie di “lana caprina” che portano formalismo di cui fare a meno, se poi non hai i diritti.
Anche le Quote Rosa, a mio parere, sono assurde: spero vivamente che appartengano ad una fase transitoria, perché una donna dev’essere votata perché se lo merita, sulla base del valore, non del suo sesso.

E con questo vorrei fare una parentesi, che in realtà tale non è, sulla “teoria gender”.
Ci sono identità diverse, non esistono solo maschi e femmine, e se non siamo proprio noi donne (costantemente discriminate) a promuovere questa concezione, stiamo sbagliando davvero tutto.
Non possiamo farci scappare questa occasione di educare: abbiamo perso un’occasione incedibile, un sano principio di rispetto e comprensione della diversità, la varietà. Non esiste solo un’identità di genere!
Su questo voglio proprio metterci la faccia, perché mi sta tremendamente a cuore. È l’unico modo per promuovere il concetto di diversità ed inclusione.

Nella classe di mia figlia, dalle elementari, anzi dall’asilo, c’è almeno 50% di studenti stranieri: è la normalità! Per questo bisogna avere rispetto del diverso, proprio perché non sia più il diverso. Queste sono le classi scolastiche, ma così è anche la nostra società: Arcobaleno, come il liceo di mia figlia.
E il Parlamento non può essere così lontano dalla società, la soluzione non è isolare, ma ampliare.

Anche tua figlia dev’essere una ragazza molto ambiziosa: quanto è importante trasmettere alle proprie figlie i valori di emancipazione e autostima?

È fondamentale educare in famiglia - dato che, se ci pensiamo, è il primo luogo in cui si fa educazione - perché la scuola può dare stimoli di contorno, ma poi è la famiglia che ha il vero compito di educare.
All'asilo ha ricevuto attacchi da bambini (soprattutto di famiglie disagiate) perché ha sempre reagito cercando di spiegare la diversità, l'inclusione, a modo suo chiaramente. Ad oggi, questi ragazzini sono completamente integrati, grazie alla scuola che è sempre stata molto presente nell’educazione sociale e civica, ma anche grazie a questi piccoli tentativi di risposta da parte di mia figlia.
Lei ha sempre fatto scelte in autonomia e la sua indipendenza economica è la base per qualunque tipo di empowerment personale.
Le nuove generazioni, per quanto vengano criticate, sono comunque più determinate e ottimiste e questo dà grande speranza.

Mia figlia sta intraprendendo un tipo di percorso legato al mondo della tv, fa teatro, scrive canzoni… se ai miei tempi la ragazza al provino era vittima di molestie, ora c’è molta più attenzione in questi settori e la mentalità sta migliorando.
Questo anche grazie al movimento MeToo, che ha scoperchiato molte dinamiche di una mentalità molto radicata.
Il movimento MeToo, secondo me, ci ha dato una grande prova per aumentare la sensibilità sugli abusi e le molestie nella società.
L’Italia è un mondo piccolo e si pensa “in piccolo”, ma è stata proprio Asia Argento, attrice italiana, ad essere una delle voci principali del caso contro Harvey Weinstein.
Anche a me è capitato che in pubblico, spesso durante le conferenze, non mi venisse data importanza: “Scusi signorina dai capelli rossi…”
No, non sono una signorina, sono laureata in Legge e sono una Giornalista.

Sulla base della tua esperienza, che consiglio daresti alle giovani ragazze che si stanno affacciando al mondo del lavoro?

A volte essere “carine” è un problema, ma quando poi sei brava nel tuo mestiere, te lo riconoscono e cominciano ad avere un atteggiamento molto meno confidenziale, implicito o con sottintesi. È importante essere brave e competenti, studiare, non improvvisare. Noi dobbiamo dimostrare, ma una volta corrisposto, ti guadagni il giusto rispetto. La professionalità incute timore.
Quindi, ragazze: studiate, parlate, denunciate.

Quando subiscono violenze, perché molte donne non denunciano?

Bisogna uscire da quel circolo vizioso della colpevolizzazione, pensare di aver fatto o detto qualcosa che ha istigato l’altro.
Qui si apre anche un tema triste: mia figlia ama ripetere “Sono una donna libera, mi vesto come voglio”.
Sì, hai il diritto di farlo, ma il problema è che viviamo in questo mondo, viviamo nella paura e questa nostra libertà crea l’equivoco su cui molti marciano, e sta a noi distruggere.
Sempre al Convegno, è stato menzionato che quando Golda Meir era premier di Israele, dopo che una serie di stupri verificatisi nel Paese scosse l’opinione pubblica, arrivò addirittura una richiesta di coprifuoco cautelativo per le donne.
Lei rispose: “Sono gli uomini che attaccano le donne. Se c'è un coprifuoco, che a casa ci stiano gli uomini”.

L'educazione deve arrivare a questo: alla libertà delle donne.
La scuola, sin dall’asilo, deve abituare a creare esseri umani migliori, tenendo conto che esistono tante culture diverse, tante sfaccettature del grande mondo in cui viviamo.

Tua figlia ha già provato WinLet? Da mamma cosa ne pensi?

Come si sarà capito, la prevenzione e la tutela personale per me sono tematiche importantissime.
Il fatto che ci sia una Centrale Operativa è sicuramente molto utile, ma il punto più forte di WinLet, secondo me, è proprio la sirena: è immediato, crea allarmismo generale, ha un effetto domino sul “vicinato”. Il fatto che sia una sirena a 110 decibel permette anche all’anziana signora che si trova alla finestra di contattare le forze dell’ordine. Gridare “aiuto”, spesso è meno utile di quanto si pensi…


Ringraziamo la Dott.ssa Ilaria Garaffoni per questa intervista piena di valori, principi e ideali... ma anche tanta concretezza!

A cura di Giorgia Campus